L’ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro potrà tornare a candidarsi. Il Tribunale di sorveglianza di Palermo, modificando un suo precedente pronunciamento, ha dichiarato “estinta” la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici che era stata inflitta a Cuffaro con due sentenze di condanna.
La prima risale al 1993 e riguarda una diffamazione nei confronti dell’ex sostituto presso la Procura di Trapani Francesco Taurisano, la seconda è quella relativa al processo sulle talpe alla Dda di Palermo che vide l’ex governatore responsabile di favoreggiamento aggravato dall’avere agevolato la mafia.
L’attuale commissario della Democrazia cristiana in Sicilia, che attraverso il suo legale Marcello Montalbano ha presentato opposizione al primo pronunciamento del tribunale di sorveglianza, potrà tornare quindi al cosiddetto “elettorato passivo”, ma anche ad esercitare la professione di medico che gli era stata preclusa.
Il primo round a favore di Cuffaro, che ha scontato quattro anni e undici mesi di reclusione nel carcere di Rebibbia, era arrivato nel settembre scorso con l’ottenimento della riabilitazione. L’ordinanza del Tribunale, però, aveva lasciato in piedi l’interdizione dai pubblici uffici. I giudici, infatti, avevano riconosciuto la “buona condotta” in carcere, con una laurea in Giurisprudenza ottenuta durante la detenzione.
Riconosciuta anche la presa di distanza dalla mafia. Il collegio presieduto da Luisa Leone aveva evidenziato anche le diverse attività benefiche che avevano visto Cuffaro protagonista dopo la scarcerazione: dai viaggi in Burundi alle lotte per i diritti dei detenuti. Pagate tutte le spese processuali, di notevole importo, e quelle di soggiorno in carcere.
Pagati anche i 158mila euro sanciti dalla Corte dei conti come danno di immagine alla Regione. Tutto ciò, però, non era bastato a cancellare l’interdizione perpetua dai pubblici uffici inflitta dalla sentenza di condanna per via di una norma della legge ‘Spazzacorrotti’ del 2019.
La norma non consente l’estinzione dell’interdizione contestualmente alla riabilitazione. Come è decaduta l’interdizione dai pubblici uffici per Cuffaro. Nel primo pronunciamento i giudici del tribunale di sorveglianza avevano applicato la norma della ‘Spazzacorrotti’ che fa scattare il timer della riabilitazione soltanto dal momento dell’emanazione del provvedimento che concede la riabilitazione, avvenuta nel caso di Cuffaro il 13 settembre.
Secondo questa interpretazione, l’ex governatore, conti alla mano, avrebbe dovuto attendere altri sette anni per vedere cancellata anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Una impostazione contestata da Montalbano. Secondo il legale Cuffaro aveva maturato il diritto alla riabilitazione già prima dell’entrata in vigore della ‘Spazzacorrotti’, voluta dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Da qui l’opposizione presentata allo stesso tribunale, che ha accolto le osservazioni della difesa di Cuffaro e dichiarato estinta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con una nuova ordinanza. “Si tratta di uno dei primi provvedimenti che, sia pure in assenza di specifici precedenti della Corte di cassazione e sulla scorta di una interpretazione costituzionalmente orientata, ha ritenuto non applicabile la ‘Spazzacorrotti’ perché ritenuta norma più sfavorevole non ancora vigente al momento della condanna di Cuffaro”, afferma Montalbano che ha curato la difesa di Cuffaro insieme con Claudio Livecchi.
A sostegno della propria tesi, Montalbano ha presentato anche alcuni precedenti pronunciamenti del tribunale di Palermo e una ordinanza del tribunale di sorveglianza di Perugia che, sia pure con riferimento ad altri istituti, avevano riconosciuto il principio della irretroattività delle norme penali sfavorevoli, come quelle introdotte dalla ‘Spazzacorrotti’. Un principio sancito dalla Costituzione.
Cuffaro: “Ho sempre creduto nella giustizia”
“Ho sempre avuto una ostinata fiducia nella giustizia – dice Cuffaro -. Ho sempre creduto che il rispetto delle sentenze oltre che un dovere sia soprattutto un diritto. Mentre i doveri si ottemperano, i diritti si scelgono”. Cuffaro prosegue: “Mi sono difeso nel processo come è giusto che sia ed ho sempre rispettato il lavoro dei pubblici ministeri e dei giudici.
Ho con sofferenza e con speranza attraversato il carcere accettandolo e vivendolo con spirito di rieducazione e di risocializzazione. L’esperienza della detenzione dolorosa ma non sterile ha fatto di me un altro uomo, consolidando in me la convinzione che la vita ha valore se si vive per qualcuno e per qualcosa. Oggi più che mai posso ribadire con forza la mia fiducia nella giustizia”.